Paola Paleari
Paola Paleari
Testo critico per la mostra personale di pittura di Paola Paleari a cura di Massimiliano Bisazza
“Marquise”
Una realtà necessaria a Paola Paleari pittrice è quella di fare arte. Esprimere il proprio sentimento, anche quello più recondito, le proprie paure, le violenze psicologiche subite sono un'esigenza insopprimibile e intensa; ma anche raccontare i luoghi nella natura che accompagnano il percorso della poetica di quest'artista costantemente.
Altalenante per scelta e per propria decisione, le sue opere oscillano sempre e comunque tra il semi-figurativo e l'astrazione impetuosa, gestuale, espressionistica.
Le donne dipinte con acrilici, smalti e tecniche miste sulle tele della pittrice Paleari sono spesso anime ferite, tramortite, svuotate e mai complici di quell'ambiente ostile e doppio che è la causa primaria delle sofferenze vissute in primis dall'artista e di cui si fa portavoce; accomunando il pensiero di molte donne che si sentono da lei rappresentate umanamente.
Ecco allora che possiamo osservare in mostra dipinti come quello della “Marquise” - la Marchesa - in rosso che ci accoglie di spalle, con quel suo incarnato diafano, pallido, senza mai mostrarci il viso. La testa reclinata verso il basso è acconciata da una capigliatura scomposta e di u rosso acceso. Ma non ci guarda, ci ignora ma ci sente, non ci osserva ma ci percepisce; grazie a un abile gioco di messinscena magistralmente palesato nel quadro di Paola Paleari.
Personaggi femminei che ci mostrano la vagina - sede della nascita, della vita ma anche della creatività femminile a tutto tondo, ndr. -, il loro tegumento; ma lo fanno con un atteggiamento totalmente privo di malizia o di intenti seduttivi. Semplicemente si mostrano al fruitore sia esternamente - l'involucro - che internamente - lo spirito – e troppo spesso hanno le bocche chiuse o sono private di occhi o vista; per non vedere, non parlare, per essere il meno scomode possibili, per essere messe all'angolo.
“La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla”.
(Cit. Benedetto Croce)
Ma nella seconda parte della mostra emergono le tele che esprimono la ricerca spirituale avvenuta a contatto con la natura, nei boschi, tra gli alberi. Riusciamo chiaramente a percepirne il profumo, la sensazione del muschio, dell'umido delle tamerici...e ne cogliamo il processo interiore; che ci parla, che dialoga con noi, che ci conduce dalle fitte e oscure foreste ai boschi illuminati e quasi onirici, incantati.
Possiamo intendere dunque un auspicio positivistico, una luce che aumenta con l'avvicinarsi ai lavori più recenti, una sensazione di percorso che conduce a una guarigione interiore, nel tempo, nel mondo; senza riluttanze e nei confronti di quella presenza maschile necessaria, ma scomoda e spesso violenta.
Un mondo, quello di Paola Paleari, pieno di visioni forti; di rossi violenti e passionali, di neri intensi e pieni di buio, di blu calmanti e scroscianti come lo è l'acqua che tutto genera e che tutto può distruggere. Una dimensione che anela alla ricerca interiore, al miglioramento dello spirito, alla pace interiore e di conseguenza con il genere umano.
Quello stesso genere umano che ha dato gioie, sofferenze, malattie, ma anche guarigioni, che ha sottratto felicità ma che ha portato doni inaspettati...quel genere umano che, nonostante tutto, è indispensabile a noi stessi, all'artista, alla vita stessa e che in quanto tale è perfetta e meravigliosa. Amabilmente rappresentato (tra i tanti lavori esposti in galleria) dalla grande tela astratta che al centro ha una grande macchia di rosso spatolato, ma che alla fine di questo percorso sa far emergere un senso di calma acquisita con l'esperienza che si consuma e che fa progredire l'artista e, per osmosi metaforica, ogni astante che rivive la propria vicenda personale nel mentre osserva le opere di questa sensibile pittrice.
In mostra sino al 20 giugno 2017
07 giugno 2017 18:30